Un bisogno inesistente creato ad hoc o una reale necessità? Al giorno d’oggi queste due domande sono rapportabili all’utilizzo e alla creazione degli orologi di ultima generazione. Una protesi da polso dei palmari e degli smartphone. Più semplicemente stiamo parlando degli smartwatch, salutati come gli orologi intelligenti, al pari dell’ultimo gioiellino hi-tech. La direzione è la stessa dei Google Glass di Google, nel senso che gli smartwatch si collocano nel solco della wearable tech, la tecnologia da indossare che consente nuovi accessori per liberarci le mani dall’onnipresente cellulare.
Le funzioni degli smartwatch, tra un’app e l’altra, sono del tutto uguali a quelle degli smartphone, ma con l’indubbia comodità di averli sempre sul polso, a portata di sguardo. Nei prossimi mesi potrebbero diventare l’oggetto del desiderio, almeno secondo gli analisti di Generator Research: nel 2014 hanno previsto la vendita di 8,9 milioni di pezzi.
Ma sono davvero utili?
In termini di mercato, gli smartwatch potrebbero rivelarsi un enorme buco nell’acqua. Alcuni sondaggi, ad esempio, dicono che c’è molto poco da essere ottimisti: stando a Canalys, ad esempio, pare che le vendite si fermeranno a cinque milioni. A guardare le previsioni da qui al 2018, i numeri oscillano ancora di più: si va dai 214 milioni di pezzi venduti ipotizzati di Generator Research ai 36 milioni previsti da Juniper Research, passando per i 91,6 milioni indicati da BI Intelligence. Tutto sarà relativo a come il mercato accoglierà i modelli sui quali big del tech come Apple, Microsoft e Google sono ancora al lavoro. Per il momento, tuttavia, l’arrivo degli smartwatch non ha ancora risvegliato gli appetiti dei consumatori.